Le pagine di Cismon da Cismon
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Sorta presso la confluenza tra l'omonimo fiume-torrente ed il Brenta, la Comunità di Cismon è, con quelle di Primolano, Solagna e Campese, una delle più antiche del Canal di Brenta.
Sottoposta fin dal 915 alla giurisdizione temporale dei vescovi di Padova, la villa di Cismon (toponimo che appare per la prima volta in un atto di donazione del 1127) divenne terra di confine tra le contee vescovili di Padova, Feltre, Trento e Vicenza.
Terra di confine, quindi, e per di più terra inospitale, stretta tra i monti e lo scorrere minaccioso dei fiumi.
La spietata lotta per contendere alle acque e ai ripidi fianchi delle montagne quei lembi di terra necessari per il sostentamento della Comunità, generò un profondo legame simbiotico tra la Comunità stessa e il proprio territorio, povero, aspro, duro, eppure dotato di una sua dignitosa fierezza.
Queste caratteristiche finirono col riflettersi nel carattere degli antichi abitanti, poveri ma orgogliosi; pronti ad accettare formalmente le dominazioni dei Signori veneti, ma capaci di opporre strenua resistenza a qualunque autorità, laica o religiosa, se questa tentava di interferire nella gestione interna e nelle decisioni che spettavano alla Comunità.
Il sorgere dei liberi Comuni portò ad un sensibile mutamento dell'assetto politico del Canal di Brenta. Il 28 aprile 1189, i capifamiglia di Cismon, raccolti sotto il porticato della casa di Uliano, ante ecclesiam Sancti Marci, prestarono giuramento di fedeltà nelle mani dei consoli della Città comunale di Vicenza.
Le continue lotte tra i Comuni prima, e tra le Signorie poi, segnarono un periodo lungo circa tre secoli di sostanziale instabilità politica che vide alternarsi i domini dei da Romano, dei Carraresi, degli Scaligeri e dei Visconti.
Nel 1267, conclusa drammaticamente l'avventura degli Ezzelini, entrò a far parte dei territori della villa di Cismon anche il Covolo di Butistone, leggendaria fortezza in roccia di cui si hanno ricordi fin dal 1004. L'anno successivo la Comunità di Cismon passò sotto la giurisdizione di Padova.
Nel censimento del 1291 contava 8 fuochi con capacità contributiva dal punto di vista fiscale. Essa costituiva comune a sé, indipendente nei suoi affari interni, con territori e beni propri. Tra quest'ultimi figurava unam rocam factam ad modum castri.
L'organismo deliberante su tutte le questioni più importanti era l'assemblea dei capifamiglia, la quale eleggeva il sindaco e i merighi, che rappresentavano il comune nei rapporti con le autorità laiche e religiose e si occupavano dell'amministrazione del territorio. Il legame con l'autorità centrale era rappresentato dalla figura del decanus, o iuratus, il quale doveva segnalare al podestà di Bassano eventuali rumores et maleficia e comunicare alla Comunità le leggi e gli ordini emanati da Padova.
Per i cismonesi la montagna era al tempo stesso fonte di sostentamento e rifugio sicuro. A quel tempo gli eserciti in transito erano più che altro bande armate che provvedevano al proprio sostentamento depredando e saccheggiando le contrade attraversate. La conformazione delle montagne cismonesi con accessi scarsi e perigliosi, se da un lato ne rendeva particolarmente faticoso lo sfruttamento, dall'altro garantiva una sicura via di scampo dalle soldataglie affamate.
Probabilmente furono questi i motivi che nel 1308 portarono i cismonesi, primi fra tutti nel Canal di Brenta, a delineare i confini della loro proprietà montana.
Nel 1404 Cismon e Primolano, quest'ultimo ancora comune autonomo, entrarono a far parte dei territori della "terraferma" di San Marco. Sotto Venezia l'assetto amministrativo del comune non mutò di molto. La vicinia continuò a eleggere il sindaco e i massari de comun, ma dal 1429 grazie a un giurispatronato concesso dal monastero di Santa Croce di Campese, cominciò ad eleggere anche il parroco della chiesa battesimale intitolata a San Marco.
Tale privilegio, rimasto in vigore fino al 1957, nei primi anni del '500, mentre all'orizzonte si profilava la minaccia degli eserciti della Lega di Cambrai, portò la Comunità cismonese a scontrarsi direttamente con la più alta dignità del mondo cristiano.
Minacciata di interdetto papale da Giulio II, a cui il parroco pro tempore aveva rimesso il proprio mandato prima di fuggire dal paese, la Comunità tenne duro, rifiutando il parroco scelto da Roma ed eleggendone uno di propria fiducia.
Le minacce del papa guerriero non riuscirono a piegare la montanara ostinazione delle genti del luogo, le quali, alla fine di un lungo braccio di ferro, riuscirono a far valere i propri diritti acquisiti.
Lo stesso Massimiliano I, Re dei Romani e Imperatore del Sacro Romano Impero, ebbe modo di constatare personalmente che la caparbietà sapeva esprimersi con umorismo e all'occorrenza anche con le armi. Mentre transitava con una piccola scorta alla volta di Trento, nel luglio del 1509, venne ferocemente dileggiato dagli abitanti, i quali al suo regale passaggio si voltavano e callavano le brache in segno di scherno. Per tutto il resto della lunga guerra i cismonesi, come del resto tutti gli abitanti della valle, dimostrarono la loro fedeltà alla Serenissima Signoria impegnando in aspri combattimenti i contingenti che scendevano la valle.
Alla conclusione della lunga serie di guerre innescate dalla Lega di Cambrai, i comuni di Cismon e di Primolano, pur entrambi sottoposti alla giurisdizione bassanese, si ritrovarono fisicamente separati dall'enclave tirolese del Covolo di Butistone. Primolano stesso divenne un'isola bassanese circondata a settentrione e a mezzogiorno dai possedimenti tirolesi, a ponente dal distretto vicentino dei Sette Comuni e a levante dalla podesteria di Feltre. La giurisdizione sull'importante sito fortificato del Castello della Scala fu continua fonte di dispute confinarie tra Feltre e Bassano. La definizione di tali liti portò a una nuova delineazione dei confini del territorio primolanese, nel quale venne incorporata anche una borgata di Fastro, da allora chiamata Bassanese.
Durante il periodo lungo circa quattro secoli in cui il comune di Cismon rimase sottoposto alla Podestaria di Bassano, le strutture pubbliche andarono consolidandosi. La vicinia rimase sempre l'organo deliberante principale. Essa decideva su tutte le più importanti questioni: l'elezione degli amministratori, l'elezione del parroco, la posizione della comunità nelle varie liti confinarie, e l'imposizione dei lavori a piovego.
La vicinia generale veniva convocata a voce dal meriga il giorno prima della data fissata, e all'ora prestabilita i capifamiglia venivano chiamati a raccolta dal suono della campana maggiore.
La località scelta per l'assemblea era, di norma, la canonica.
La vicinia generale eleggeva il sindaco. Durante il dibattito tra i partecipanti veniva indicata una terna o una quaterna di candidati, i nominativi dei quali venivano poi posti in votazione per ballottaggio. Successivamente, seguendo identica trafila, venivano eletti i massari de comun, una sorta di moderni assessori.
Il sindaco eletto durava in carica un anno e aveva la prerogativa di scegliersi un vicesindaco che lo aiutasse ad espletare le funzioni della carica. Tra i suoi compiti vi era quello di presiedere alle Vicinie e ai Consigli.
Il Consiglio era composto da un numero di membri che, a seconda dell'epoca storica e del numero dei residenti, variava dai nove ai ventiquattro membri.
Mentre agli albori della dominazione veneta i nove consiglieri venivano cooptati, un terzo a testa, dal Sindaco e dai due massari, in epoca più moderna i ventiquattro membri venivano scelti e rinnovati per la metà, di anno in anno, dalla Vicinia stessa.
Altro importante compito del Sindaco era quello di regolare la posizione contributiva degli abitanti, assegnando alle famiglie residenti le colte, che poi sarebbero state riscosse in tre rate annue dall'esattore del comune.
Inoltre il sindaco, coadiuvato dai massari, assegnava i pioveghi 'ordinari' per l'obbligatoria manutenzione della strada internazionale che conduceva in Tirolo, e per il taglio dei boschi del Comune; nonché i pioveghi 'straordinari' deliberati dalla Vicinia Generale per la costruzione di nuovi argini, di mulattiere montane, di edifici pubblici (non escluso il rifacimento della chiesa dopo l'alluvione del 1748, opera realizzata in un solo anno) e per tutti i grossi lavori di interesse comune.
I primi erano imposti dal sindaco a quelle famiglie che non erano in grado di pagare, in tutto o in parte, le tasse comunali. I secondi erano invece vere e proprie autoimposizioni deliberate dalla vicinia, la quale vincolava i propri componenti a fornire gratuitamente la manovalanza per compiere lavori di interesse collettivo. Una volta deliberato, il servizio di manovalanza diventava obbligatorio.
Contrariamente ad altre realtà valligiane, Cismon mantenne vivo l'istituto dei lavori a piovego per tutto l' '800 (costruzione dell'attuale argine), arrivando, con la costruzione dell'Asilo, fin all'inizio di questo secolo (1900 -nota-).
Sull'esempio di Venezia, dove alla morte del Doge veniva nominata una commissione di tre inquisitori sopra il Doge defunto col compito di rivedere gli atti amministrativi compiuti dal defunto durante il suo mandato, al fine di constatarne eventuali infrazioni e quindi esigere dagli eredi il rimborso delle somme percepite senza diritto, la Vicinia Generale, all'atto dell'elezione del nuovo Sindaco, eleggeva anche due ragionati incaricati di rivedere i conti della passata amministrazione. La stessa vicinia approvava poi la relazione dei revisori, e qualora questa avesse evidenziato omissioni, illeciti percepimenti o comunque malgoverno, il Sindaco uscente era tenuto a risponderne personalmente, rimborsando di tasca propria fino all'ultimo centesimo, o con il carcere nei casi più gravi.
Accanto ai cittadini incaricati alla pubblica amministrazione lavoravano i salariati di comunità. Tra quest'ultimi, che venivano eletti e stipendiati dalla comunità stessa, figuravano: il quaderniere che teneva i registri della contabilità e delle delibere; il meriga, sorta di messo comunale con compiti anche di polizia giudiziaria; uno o due saltari (guardiaboschi) a seconda del periodo e delle necessità; due estimatori, incaricati di misurare i confini montani e compilare ogni cinque anni l'estimo dei beni comunali; un esattore, incaricato di raccogliere le tasse.
Il trattato di Campoformido segnò la morte della Serenissima Repubblica e i territori appartenuti a San Marco vennero assegnati dapprima all'Austria e poi, nel 1805, al neocostituito Regno napoleonico d'Italia.
In questo regno fantoccio destinato a far da cuscinetto tra Francia ed Austria, Cismon rientrava nel Dipartimento del Bacchiglione, Distretto di Bassano.
Proprio sotto l'amministrazione filofrancese vennero accorpati gli antichi territori di Cismon e Primolano, i quali per breve tempo continuarono a mantenere bilanci separati. Solo nel 1811, su disposizione prefettizia, il Consiglio Comunale misto deliberò la completa fusione dei due territori.
Dal 30 gennaio 2019 il comune di Cismon del Grappa con i comuni di Campolongo sul Brenta, San Nazario e Valstagna a seguito di referendum popolare ha dato origine al nuovo comune di Valbrenta (L.R. n.3/2019).
ROCCHETTA
Il colle sovrastante l'abitato di Cismon, denominato Rocchetta, avrebbe ospitato, sempre in epoca romana, un avamposto utilizzato per le segnalazioni luminose che servivano ad avvertire i presidi romani della pianura. Sul luogo si intravede la presenza di una costruzione in muratura, ora coperta, e dei resti di embrici e mattoni, che furono riportati alla luce da alcuni sopralluoghi. Lesistenza di insediamenti lungo la mulattiera che portava in montagna si desume anche dai tre sepolcri in località Coli, che gli studiosi ritengono essere stati utilizzati da castellieri retici o da caposaldi romani e successivamente riutilizzati in epoca altomedievale da gruppi di coloni longobardi.